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Cinque domande a un Ingegnere informatico

Cinque domande a un ingegnere informatico

Il mondo lavorativo è in continua evoluzione e le aziende richiedo sempre più competenze ed esperienze. La laurea sembra essere diventata condizione necessaria anche solo per poter avere un colloquio con alcune aziende. Ma quanto l'università prepara per il mondo del lavoro? Esistono altre strade? Che cosa ci si può aspettare dai colloqui? Scopriamolo facendo cinque domande a un ingegnere informatico.


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1

Tu sei laureato e ben inserito nel mondo del lavoro da diversi anni, ma quali sono gli sbocchi professionali che la tua laurea può offrire a chi si laurea in questo periodo?

Il mondo dell'informatica evolve molto velocemente, a differenza degli altri rami di ingegneria: nel settore civile ci possono essere degli aggiornamenti, delle tecniche innovative per il risparmio energetico o per l'ottimizzazione degli spazi; lo stesso vale per l'ingegneria navale, spaziale, ecc...

Il settore informatico invece è in continua evoluzione ed ogni 5 anni si assiste a dei cambiamenti radicali, basti pensare a quanto l'interesse si sia spostato negli ultimi 20 anni: le rivoluzioni prima di internet, poi delle reti mobili ed infine degli smartphone e tablet.

Tutto questo ha spostato letteralmente la forza lavoro impegnata nel settore informatico da un ramo all'altro. Ne consegue che un ragazzo giovane, fresco di studi (qualora siano stati effettuati con i dovuti criteri) potrà essere più dinamico e reattivo di persone che, come me, sono cresciute (fisicamente e professionalmente) con altre tecnologie.

Questo potrebbe essere un'ottima opportunità per poter entrare in questo ambiente che, anche se un po' inflazionato, ancora offre un numero discreto di posti di lavoro.

Tali sbocchi sono spesso incentrati nel mondo della programmazione, vista la continua necessità di avere app all'avanguardia e sistemi informativi ad alto livello prestazionale; ma non escludo la possibilità di entrare in ambienti sistemistici o addirittura non informatici.

Questo perché una buona mentalità informatica, orientata al problem solving strutturato, aiuta un lavoratore anche in ambiti diversi da quello informatico. Non posso che fare un grosso in bocca al lupo a tutti i ragazzi che entreranno a breve nel nostro mondo lavorativo!

2

Quanto e come quello che hai studiato all'università ti è servito nell'ambito lavorativo?

Gli studi universitari mi sono serviti sostanzialmente per due aspetti: competenze di base e forma mentis.

Per quanto riguarda le vere e proprie competenze devo ammettere che il mondo lavorativo è molto più "scuola" rispetto ad un'università che spesso non riesce a stare al passo coi tempi.

Sicuramente un 20-30% delle materie studiate mi è stato utile per entrare nel mondo del lavoro sia come base iniziale, sia per capire meglio le cose che mi venivano spiegate dai colleghi.

Ma ancor più importante secondo me è la forma mentis che un percorso scolastico deve fornire. Le competenze possono essere imparate anche autonomamente su un buon libro o un buon manuale ma il come applicare le "regole" che vengono studiate è ancora più difficile.

3

Se esistono altre strade per arrivare dove sei adesso, quali vantaggi e svantaggi hanno?

Assolutamente si! Non è solo una mia opinione personale, ma un dato oggettivo che ho riscontrato in questi 12 anni di lavoro. Essendo un informatico che lavora spesso a stretto contatto con altri colleghi, ho potuto vedere con i miei occhi quali sono stati i percorsi delle altre persone.

Ho conosciuto persone che erano laureate in ingegneria informatica ma che non avevano appreso le nozioni basilari del nostro lavoro mentre ho avuto a che fare con persone non laureate o laureate in materie completamente differenti che erano veramente molto competenti.

A mio avviso bisogna sempre tenere presente che l'università è uno strumento per apprendere, ma non è una condizione né necessaria, né sufficiente; sicuramente è utile e crea un buon trampolino di lancio soprattutto se si ha la fortuna di conoscere aziende già in fase di tirocinio universitario.

4

Immagino che tu abbia sostenuto diversi colloqui di lavoro, quali sono le domande che ti sei sentito rivolge più spesso e quali quelle più strane?

Dobbiamo fare una differenza tra i colloqui effettuati da junior e da senior. Appena laureato o nei colloqui effettuati con un'esperienza inferiore ai 2 anni gli interlocutori erano maggiormente interessati a capire quali fossero le mie reali competenze, quanto avessi appreso dal mondo universitario e dalle primissime esperienze.

Successivamente, col passare degli anni, ho notato che gli interlocutori si sono concentrati nel capire quali fossero i motivi per cui volessi cambiare azienda, quali fossero le mie ambizioni e le mie richieste.

Le domande più "difficili" sono quelle in cui si chiedono i propri difetti, perché non puoi darti la zappa sui piedi ma nemmeno essere tanto presuntuoso da non avere difetti... inizia più che altro una "guerra psicologica".

Le domande più "strane" sono state quelle che cercano di capire il tuo approccio ad un problema complesso, spesso impossibile: "quante palline da golf puoi mettere in un pullman" "quanti cani ci sono in Italia"...

5

Puoi raccontare qualche aneddoto lavorativo che ha segnato maggiormente la tua crescita professionale o particolarmente divertente e inconsueto o anche solo che ricordi come se fosse successo molto recentemente per qualche motivo?

Il mio lavoro mi ha portato a cambiare diversi clienti e diverse società, di aneddoti ce ne sono tantissimi. Sicuramente uno dei più inconsueti mi è capitato verso l'inizio della mia attività lavorativa: ero al Centro Elaborazione Dati di una società logistica di medie dimensioni, intorno a febbraio/marzo successe che girò una forte influenza e si ammalarono in molti. Per due settimane tutti i dipendenti non ammalati si sono alternati a fare le consegne: stampanti, notebook, router, ... un'attività completamente diversa da quello che facevo, ma sicuramente un'esperienza che mi ha fatto staccare la spina e mi ha fatto riposare la testa (e stancare le braccia).

Anche di aneddoti divertenti ce ne sono stati negli anni. Se si è fortunati di stare in un gruppo di ragazzi simpatici, capita di fare (e di ricevere) molti scherzi, battute ecc. Difficile trovarne uno più divertente degli altri... ma mi viene in mente di un ragazzo che lavorava con le cuffiette e spesso si lasciava andare ad espressioni diciamo poco ortodosse (succede spesso nel nostro ambito); entrarono in stanza dei capi e lui non se ne era accorto, allora andai ad avvertirlo per evitare figuracce, ma proprio mentre gli "bussavo" sulla spalla per avvertirlo, se ne uscì con una frase molto colorita. Ne approfitto però per dire una cosa, il nostro lavoro dà una grossa possibilità che non danno altri lavori: incontri e lavori con tante persone diverse a volte solo per qualche giorno a volte per qualche mese a volte per qualche anno. Spesso se sei fortunato riesci a instaurare dei rapporti che vanno ben oltre all'essere colleghi e che durano anche successivamente al periodo in cui lavori insieme. Spesso alcune frasi, alcune battute, alcuni aneddoti vengono rivissuti come fossero successi ieri, davanti ad una pizza o ad una birra, con un filino di malinconia.

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